mercoledì 16 giugno 2010

Sole e casine

Nel centro storico l’aria è leggera e brilla un sole da primi di agosto, anche se giugno è appena cominciato. Supero chiese medievali, piccole piazze, la facciata barocca di un teatro e la biblioteca Malatestiana, percorro bassi portici su cui si aprono porticine di legno brunito. Alcune sono spalancate e oltre la soglia vedo soffitti affrescati e bambini con i calzoncini corti che giocano su pavimenti di marmo a scacchi.
Cesena è una città a misura di bambino ricco.
Dietro un’alta cancellata verdeggia un giardino pubblico costellato di busti di artisti e patrioti. Al centro si innalza un gazebo in cui immagino una banda suonare in un una sera d’estate, gli strumenti che scintillano nell’aria profumata d’erba. Torno al presente. Sulle panchine siedono alcune donne in età, con graziosi cappellini. Guardano davanti a sé o chiacchierano. Più in là, sdraiati sul prato, un paio di magrebini se la raccontano e ridono. Nessuno li guarda male, nessuno bada a loro, in apparenza.
Quando ripercorro la via centrale diretto al ponte Savio, vedo la scritta sulla vetrina: “Casine”. È un giorno di assoluta libertà, così assecondo il ghiribizzo e mi avvicino. Sull’uscio un tizio con la barba folta e un camice picchiettato di macchie di tutti i colori non fa nessuna fatica a sorridermi a trentadue denti. Deve essere un giorno di libertà anche per lui.
“E così vendete casine,” faccio. Sono un tipo disinvolto.
“Le facciamo e le vendiamo,” fa lui. Si diverte un mondo. In vetrina, appesa a un filo d’acciaio, se ne sta in bella mostra, appunto, una casina. È un oggetto simpatico e sbilenco, che sfida il buon senso con le sue linee storte e i colori squillanti, esagerati. Un casetta di legno con il tetto inclinato, le finestre rotondeggianti e la porta asimettrica. Bellissima.
“Vuoi vedere?” dice il barbuto.
Come ho detto, è un giorno di vita e libertà. Sulla soglia adesso è arrivata una ragazza, che regge in mano una tavoletta di legno tutta colorata. Un milione di colori, come sul camice del barbuto. Mi guarda in modo insistente e dice: “L’ho fatta io.”
Entro e incontro i suoi amici, una dozzina circa. Sono un gruppo di ragazzi e ragazze dallo sguardo remoto. I loro occhi convergono all’unisono su di me. Sembrano poco abituati a ricevere visite, infatti rispondono a stento al mio saluto, per lo più in silenzio. Uno di loro porta una specie di gabbia d’acciaio intorno alla testa, un altro siede su una sedia rotelle, due di loro stanno navigando su internet. Nella stanza adiacente un gruppo di ragazze siede intorno a un tavolo. Al centro del tavolo ci sono barattoli di colore. Ogni ragazza maneggia un pennellino e un pezzo di “casina”. Le opere finite si asciugano qua e là per le stanze, sopra scaffali, bauli, su una credenza.
Ma che bel modo di far passare loro il tempo, queste casine, dico fra me e me. Però a guardarle bene, sono pezzi unici, una diversa dall’altra, una più bella dell’altra. È impossibile sceglierne una. Ma qualcuno lo fa.
“Con Internet le vendiamo in tutta Italia,” dice il barbuto chiaramente soddisfatto. “E anche all’estero.” Indica uno dei ragazzi davanti ai computer e fa: “Lui è il nostro ufficio stampa. È anche un bravissimo cantante, un batterista e un ballerino.”
“Anche io suonavo la batteria una volta.”
Questo lo rallegra moltissimo. “Un musicista! I musicisti ci sono simpatici, vero ragazzi?”
Per tutta risposta la tipa di prima mi porge la sua tavoletta e ribadisce: “Questa l’ho fatta io.” Gli altri reagiscono meno del previsto. I loro occhi dicono: ma questo che vuole. Sono tentato di far presente che sono anche un ex addetto stampa. Cantante e ballerino, mai, però. Abbiamo molto in comune, io e loro. Anche a me piacciono le casine. Per la verità non riesco a smettere di pensare al loro successo internazionale. Io sono a Cesena in cerca di lavoro, mentre questi ragazzi ne hanno uno bellissimo. Vorrei sedermi lì e creare pezzi unici. Sara mi chiede come mi chiamo. Ci metto un po’ a tornare sulla terra e rispondere e chiedere il suo nome. Sara è, come si dice, una ragazza down. Dipinge casine bellissime, lo so perché l’ho visto con i miei occhi. Anche le altre ragazze, ma lei è stata l’unica che ha voluto conoscermi almeno un po’, la meno timida. Ha una stretta di mano fiduciosa, sicura. Le sue colleghe hanno un occhio per me e uno per il loro lavoro. Le casine hanno la priorità ma si può fare uno strappo alla regola.
Prima di uscire stringo la mano anche al barbuto e gli dico quanto ammiro il suo lavoro e tutto quello che succede lì dentro. In un giorno di libertà puoi dire quello che vuoi, essere puro, sorridere come e quando viene. E di solito è così facile che difficile è smettere.
È ora di andare. Ringrazio tutti, li saluto allegramente, guardo le casine con un senso di perdita.
“Se ripassi di qua, torna a trovarci. Vero, ragazzi?”
“Questa l’ho fatta io.”
“È bellissima,” rispondo, e già sento una crepa nella mia voce.
C’è più sole di prima, ce n’è abbastanza per due città molto più grandi di Cesena.
A Torino in questo stesso istante piove a dirotto e i tombini straripano.
Faccio una ventina di metri e di colpo mi esplode qualcosa nel petto. Il cuore manca un colpo. Non respiro bene.
A dire la verità sto piangendo davanti a tutti. Qualcuno passa in bici, altri camminano con calma. Mi sento soffocare, perché trattengo le lacrime. Alzo gli occhi al cielo, così, se tutto va bene, nessuno vede che sono umidi.
Mica posso spiegare loro quanta bellezza ci sia in un giorno così. Mica posso dire a tutti quanto mi considero fortunato per il dono di un giorno come questo e delle casine e di quei ragazzi che trasformano pezzi di legno informe in dolci opere d’arte, con una naturalezza che fa pensare ai miracoli.
Di colpo ho capito tutto. Spero solo di non dimenticarlo.

www.myspace.com/lecasine

4 commenti:

  1. ...e come commentare...
    Anche io sto alzando gli occhi in alto e sto cercando le angolazioni che permettano di non farmi vedere dai miei colleghi delle postazioni accanto!
    Grazie
    Felice, felicissima giornata

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  2. Farò di tutto perché lo sia. ciao, amica.

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  3. ...nella speranza che chi di noi è ancora in cerca, riesca non soltanto a trovare le "casine" sue, ma anche a realizzarle concretamente ... anche se magari con qualche piano in meno!!!!

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