domenica 21 febbraio 2010

Dire basta

Non l’ho visto, ok? Mi pare ovvio, perfino scontato, non posso neanche vantarmene. Ma chi lo guarda il Festival di Sanremo, ormai?
Solo fantastilioni di Italiani.
Vabbe'. Io non l'ho visto, però, navigando, mi sono imbattuto nella notizia: l’orchestra reclama contro i risultati della gara canora gettando gli spartiti sul palcoscenico. Allora sono andato a vedere il filmato su YouTube. Ora, a parte il fatto che gli orchestrali avevano l’aria di viverla anche come una goliardata, l’hanno fatto davvero. Per protestare contro le eliminazioni decretate dal televoto, cioè dagli spettatori, hanno armato una manifestazione di protesta in diretta.
Mi è piaciuto, qualcosa ancora brucia sotto la coltre di indifferenza, l’insofferenza sta montando, si manifesta nei luoghi più impensati.
In un paese in cui il populismo è dottrina questo gesto di ribellione spontanea (sperando che lo sia) mi conforta parecchio. Sì perché non si possono mica lasciar prendere tutte le decisioni a noi, il popolo, che spesso non ci capiamo un cazzo. Quelli che se ne intendono, quelli che ne sanno di più, devono avere il coraggio delle loro opinioni, anche quando vanno in contrasto con il pensiero dominante. Un tempo si chiamavano intellettuali. Un tempo avevano il coraggio di esporsi.
Quegli orchestrali (blasonati maestri di musica e session men di lusso) ieri hanno dato voce alla loro indignazione contro il pubblico che boccia il talento e premia la fama scaturita dal gossip (Pupo+Emanuele Filiberto) e dai reality (il vincitore: non so come si cazzo chiama, ma non importa, fra un paio d’anni non lo saprà più nessuno).
Che meraviglia, se solo tutti i veri esperti avessero il coraggio di riappropriarsi della propria autorevolezza. “No, caro, tu non ci capisci un mazza, quindi decido io.”
Opporsi alla tirannia degli ottusi, anche a rischio di diventare impopolari. Dire: No, adesso basta qui si esagera!”
Battere i pugni, sbattere la porta, passare per pazzi, ma difendere a tutti i costi la propria opinione contro la marea montante dell’ignoranza legittimata.
Voi lo fate spesso?
Quando è stata l’ultima volta?
Quanto a me, siamo onesti: non abbastanza.

domenica 7 febbraio 2010

Davanti al quindicenne che eri

Sto riguardando una delle serie TV più geniali di sempre, Un Medico fra gli Orsi (Northern Exposure). Molti gli spunti di riflessione. Fra questi: se potessi incontrare te stesso in versione quindicenne, un vero faccia faccia con la persona che eri, cosa credi che penserebbe di te la persona in questione?
I sogni che avevi si sono realizzati? Se diventato il tipo di persona che immaginavi? Piaceresti al quindicenne in questione?
Messa in questa prospettiva, la vita che ho vissuto finora mi pare piuttosto interessante. Da 37enne quasi alle prese con l'inevitabile crisi dei 40, a volte penso che non ho concluso granché, finora. Non ho una moglie, non ho figli, e ultimamente mi ritrovo a mettere in discussione anche la mia professione, un po' per motivi contingenti, un po' perché mi sta sempre più stretta la sua assoluta mancanza di contatto con la realtà e i veri bisogni dell'uomo. Capita quando lavori nella pubblicità. Insomma, i lavori sono ancora in corso, da queste parti, e non posso dire di avere costruito molto. Ma poi penso a quel quindicenne e mi dico che proprio per questo potrei piacergli. Dopotutto ho svolto lavori interessanti in ambiti creativi come l'editoria, il fumetto, la pubblicità. Ho lavorato per una rivista creata con i miei migliori amici, ho pubblicato in Italia e all'estero un paio di fumetti (a lui questo piacerebbe moltissimo) sono stato pagato per scrivere racconti e non importa che non siano stati dei successi travolgenti, quel che conta è che sto ancora vivendo a modo mio. Ancora ragiono, ci credo, mi sbatto, ci provo. Non sono sposato, ma questo vuol dire che sono ancora libero di conoscere e sperimentare. Non avere figli, se da un lato mi spiace, mi permette di correre rischi maggiori e pensare a nuove direzioni di vita. In fin dei conti sono ancora una persona libera e un sognatore.
Parliamoci chiaro, questa è anche una fregatura. Ma se incontrassi quel quindicenne, a lui non lo direi. Mi godrei piuttosto quel filo di ingenua ammirazione che proverebbe davanti ai miei modesti risultati e a questa eterna incapacità di uniformarmi. Ora, questo probabilmente dimostra solo che non sono più maturo di un quindicenne, ma tant'è, a ognuno il suo. Magra consolazione, ma pur sempre consolazione.
E il vostro quindicenne, cosa penserebbe di voi?
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